Vanno aumentando, a quanto mi raccontano colleghi e pazienti, i Servizi ed i Dipartimenti che hanno completamente sostituito il Subutex (R) (buprenorfina) con il Suboxone (R) (associazione di buprenorfina e naloxone 4:1). Alcuni pazienti mi hanno raccontato che, nell'ambulatorio che frequentano, c'è stato un cambio coatto della terapia, ed anche utenti che avevano buoni risultati con il Subutex sono stati trasferiti da un giorno all'altro al Suboxone, con l'emergenza di reazioni avverse soggettive ed obiettive.
La mia opinione, basata sulle evidenze cliniche disponibili, è che ad oggi non vi è alcun motivo valido per sostituire il Subutex con il Suboxone, ed anzi ci sono dati che indicano che il Suboxone funziona peggio del Subutex, in termini di uso iniettivo a rischio di complicanze e di contagio di patologie emotrasmissibili.
Sull'argomento ho scritto un articolo che per il momento non posso riportare su internet, perché mi manca l'autorizzazione dell'Editore, e che è stato pubblicato sul numero 2/2009 della rivista Dal Fare Al Dire (periodico di informazione e confronto sulle patologie da dipendenza, a cura degli operatori dei Servizi del Piemonte, edizioni Publiedit).
Posso però riassumerne qui i concetti base:
La informazioni fornite della rivista ufficiale
del Produttore sono un po' più dirette ed
entusiastiche: la pubblicazione "Contatto", anno 4
numero 2, maggio 2008 ("la gente, il mondo, la
cultura, i valori di Schering-Plough Italia"), a
pagina 15, definisce il Suboxone "nuova
specialità, in grado di abbattere
drasticamente il rischio di uso improprio", e
"la possibilità di uso improprio endovena,
anzichè per bocca è nettamente ridotta
dalla presenza di naloxone, che provoca una
sensazione di grave discomfort quando il farmaco
viene iniettato".
Purtroppo non trovo più online il pdf della
rivista, e non penso di essere autorizzato a
ripubblicarlo nel mio sito.
Comunque nel sito della Schering Plough era ancora
disponibile fino a poco tempo fa un articolo simile
(oggi ancora consultabile grazie a servizi di
archiviazione storica) 1 che riporta
"L'associazione buprenorfina / naloxone offre un
vantaggio decisivo, perché proprio la sua
particolare formulazione ne disincentiva il misuse
endovenoso", ed "E' chiaro che un farmaco
contenente buprenorfina, ma non iniettabile per via
endovenosa perché associato a un'altra
molecola come naloxone (che nel caso di
somministrazione endovena produce un grave
discomfort), abbatte ulteriormente il rischio di
decesso, già molto limitato con buprenorfina
sola".
Peccato però che sia la farmacologia di base 2 3 che le linee guida 4 indichino che questi effetti aversivi non verranno esperiti nè da coloro che non hanno ancora una dipendenza fisica da oppiacei, nè da coloro che già sono trattati con buprenorfina per qualunque via. Pertanto, solo una parte limitata dei soggetti potrà avere effetti spiacevoli dall'uso iniettivo di Suboxone, e precisamente coloro che sono dipendenti da eroina, o in trattamento con metadone, e che inizino a provare il Suboxone endovena. Una volta che ne avranno fatto uso un tot di volte, la maggiore affinità della buprenorfina per i recettori oppioidi, rispetto al naloxone, verosimilmente farà sì che quest'ultimo non possa più legarsi e precipitare effetti astinenziali.
Inoltre, i pochi studi clinici pubblicati, tutti osservazionali, mostrano risultati deludenti: sia una precedente associazione di buprenorfina e naloxone, già usata nel 1990-91 5, che il più recente Suboxone 6 7 8, vengono usati per endovena dai soggetti tossicodipendenti da oppiacei, mostrando addirittura un aumento dell'uso iniettivo, anzichè una diminuzione, dopo il trasferimento forzato da Subutex a Suboxone, nonostante l'insorgenza di sintomi astinenziali, che addirittura sembravano indurre i malcapitati pazienti ad aumentare di 4 volte l'uso promiscuo di materiale iniettivo, con il conseguente maggior rischio di contagio di AIDS, epatiti e altro.
Della mancanza di documentazione a sostegno del Suboxone, prima del sottoscritto, se ne era già accorta la rivista francese di farmacologia clinica Prescrire 9. Purtroppo il testo completo dell'articolo non è disponibile liberamente su Internet, ma tra l'altro esso riporta come la documentazione scientifica a sostegno della registrazione della specialità nell'Unione Europea fosse "vaga", e che quella presentata per la registrazione negli Stati Uniti mancasse proprio di studi clinici che supportassero l'ipotizzata capacità del farmaco di impedire l'uso iniettivo.
Infine, per quanto mi
risulta - almeno nell'azienda sanitaria dove lavoro -
il Suboxone costa di più del Subutex, del 30%
circa.
Per ulteriori dettagli
rimando all'articolo citato; la rivista arriva per posta
a molti se non a tutti i SerT, e comunque penso che possa
essere richiesta all'editore.
Allora, per riassumere: se il Suboxone non offre i vantaggi promessi perché viene usato per endovena anche più del Subutex, se induce comportamenti a rischio di contagio, se comunque gli eventuali effetti spiacevoli dell'iniezione endovenosa non verranno avvertiti che da una minoranza degli utenti, e se costa di più, perché dovremmo usarlo?
Sono in attesa di critiche e smentite, nello spirito della scienza e della ricerca clinica. Non ho nulla contro un farmaco nuovo, ma prima di convincermi a prescriverlo vorrei essere sicuro che sia efficace, che non sia dannoso, e che non costituisca uno spreco. Mi sbaglio?
Ernesto de Bernardis
dirigente medico SerT Augusta
specialista in farmacologia clinica
28 luglio 2009
Aggiornamento del 5-8-2009
Si è reso disponibile un ulteriore studio
osservazionale 10, pubblicato il
3-8-2009, e basato su un questionario strutturato
somministrato in Australia a 912 soggetti nel 2007 (56%
non in trattamento e 44% in trattamento). Lo studio
conferma il riscontro di un uso iniettivo del Suboxone,
per quanto inferiore a quello del Subutex: tra i 126
pazienti con prescrizione di Subutex, questo era stato
iniettato almeno una volta negli ultimi 6 mesi dal 30%
(N=38), di cui il 13% (N=17) con frequenza settimanale o
superiore, mentre il Suboxone, nell'ambito di un totale
di 116 pazienti, era stato iniettato almeno una volta dal
10% (N=12) negli ultimi 6 mesi, e per il 7% (N=8) con
frequenza settimanale o superiore.
Analogamente, tra i soggetti non in trattamento (N=513),
quelli che avevano usato per endovena il Subutex almeno
una volta negli ultimi 6 mesi erano il 23% (N=116), dei
quali con uso settimanale o più frequente per l'8%
(N=43); mentre per il Suboxone veniva riferito un uso
endovenoso almeno una volta negli ultimi 6 mesi dal 9%
(N=47) dei pazienti, con uso settimanale o più
frequente da parte del 3% (N=12).
E' molto interessante in questo studio il fatto che ambedue le formulazioni fossero commercializzate nel periodo di osservazione (come oggi in Italia), e che gli Autori riconoscano come limite dello studio un errore sistematico di selezione, per il fatto che i contenuti della campagna informativa all'introduzione del Suboxone avessero fatto sì che tale farmaco venisse prescritto ai soggetti più "stabili", mentre quelli più a rischio per uso iniettivo sarebbero stati mantenuti a Subutex, e ipotizzano che ciò potrebbe in parte spiegare il tasso di uso iniettivo maggiore per il Subutex.
La permanenza di fattori confondenti negli studi osservazionali, a mio parere, dà conto della necessità di chiarire il quadro con uno studio interventistico, che in doppio cieco randomizzato e controllato compari le due formulazioni, misurando l'entità dell'uso endovenoso mediante parametri obiettivi, come ad esempio la presenza di un tracciante innocuo assorbibile solo per via endovenosa.
Aggiornamento del 31-8-2009
Gli studiosi londinesi Kristie Mammen e James Bell
arrivano a conclusioni simili a quelle sopra
tratteggiate, in una loro recente revisione critica
11.
Prima si chiedono se sia eticamente giustificabile
chiedere agli utenti di esporsi ad una farmaco - il
naloxone - di cui non hanno bisogno. Analizzando gli
studi clinici disponibili riconoscono poi che
l'associazione di buprenorfina e naloxone non
impedirà l'uso iniettivo in coloro che già
utilizzano buprenorfina per qualunque via, nei soggetti
dipendenti da oppioidi ed in astinenza, nei soggetti non
tolleranti agli oppioidi, ed anche in una certa quota di
eroinomani attivi. Testualmente, "l'associazione di
buprenorfina e naloxone può dare un contributo
come deterrente nei confronti del mal-uso endovenoso,
aumentando ulteriormente la sicurezza di un farmaco che
già ha un buon profilo di sicurezza, ma da sola la
combinazione non sarà sufficiente per minimizzare
la diversione e l'uso iniettivo" - e, poco più
avanti - "L'associazione porta un beneficio rispetto
alla buprenorfina nel ridurre la diversione, ma
ciò deve essere completato da una giudiziosa
selezione dei pazienti a cui prescrivere terapia
domiciliare, e dal regolare monitoraggio
clinico".
Conclusioni che sono assolutamente condivisibili.
Aggiornamento del 20-10-2009
Ieri ho ricevuto questa email (ho cancellato alcuni
dettagli inutili, e cioè quale SerT e quale medico
stiano curando il paziente):
Egregio Dott.
Ho 44 anni, sono sposato con una figlia di 17 anni, ho preso il subtex da circa due anni, da allora non mi sono piu ne fatto ne cercato sostanze alcune, al lavoro andava bene non ho fatto un giorno di assenza, con mia moglie e mia figlia tutto filava benissimo, da circa due settimane eè arrivato questo stramaledetto SUBOXONE, e la mia vita sta diventando un inferno, sto sempre male fisicamente, sembra che l'astinenza arrivi da un momento all'altro, mal di schiena , sudorazione, nervosismo, ansia, non ho voglia di far niente, non ho voglia di andare nemmeno al lavoro, perche fisicamente non sto bene,le gambe mi fanno continuamente male, perche ci stanno portando dinuovo a farci e a rovinare la nostra esistenza?
ho esposto il problema al SERT di XXXX, a cui appartengo, da premettere che prendo 10 mg, e sono anni e anni che non tocco nessuna sostanza, solo una birra ogni tanto, bene il sert dice che sono l'unico che si è lamentato,(questo non è vero, perche come me si sono lamentati tutti), non ci prendono in considerazione, siamo delle cavie, il mio medico Dott. YYYY mi ha risposto dicendomi : chissa cosa hai pasticciato..!! L'impotenza è tanta e mi dicono che non possono far nulla. Terribile essere condannati a stare male mi sembra un incubo! Cosa si puo fare per far tornare il subutex ? la vita di tanti ragazzi come me che si erano come dire "sistemati" sta ritornando un inferno. la prego mi aiuti dal mio sert ricevo soltanto risposte che mi fanno stare piu male.
Aggiornamento del 23-4-2010
E' finalmente disponibile il lavoro in doppio cieco
randomizzato ed in cross-over di Comer e coll. 12, effettuato su una
piccola popolazione di eroinomani (N=12), selezionati in
base al fatto di gradire l'uso di buprenorfina per via
endovenosa in condizioni di laboratorio. Lo studio valuta
in questa popolazione il gradimento di buprenorfina, da
sola o in associazione con naloxone, nel corso di un
trattamento "di fondo" con sola buprenorfina a vari
dosaggi.
Nella fase preliminare, dopo circa una settimana di
trattamento antiastinenziale con buprenorfina 2 mg
sublinguale, 10 soggetti mostravano di gradire la
buprenorfina endovenosa fino a 16 mg; i restanti 2 si
fermavano ad 8 mg. Soggetti che non gradivano la
buprenorfina endovenosa vennero esclusi dallo studio.
Successivamente, i soggetti ricevevano in maniera
incrociata trattamenti di fondo con buprenorfina
sublinguale a vari dosaggi (2-8-24 mg), e veniva provato
su di loro l'effetto di varie formulazioni per via
endovenosa, che includevano buprenorfina in dose piena
(16 mg per chi la gradiva fino a questo livello, oppure 8
mg per chi ne preferiva di meno) o a mezza dose
(rispettivamente 8 o 4 mg), buprenorfina+naloxone in dose
piena o mezza dose, eroina 25 mg, naloxone
(rispettivamente 4 o 1 mg) e placebo.
Indipendentemente dalla dose assunta di fondo, i 12
soggetti, presi nel complesso, continuavano a gradire in
maniera simile sia dosi di 25 mg di eroina che le piene
dosi endovenose di buprenorfina.
I pazienti gradivano invece di meno (dai grafici
pubblicati, per circa due terzi della sola buprenorfina)
le piene dosi di buprenorfina+naloxone, e le mezze dosi
di sola buprenorfina. In pratica, una dose intera di
buprenorfina+naloxone veniva gradita quanto una mezza
dose di sola buprenorfina, ed un po' meno di una dose
intera di sola buprenorfina.
Mezze dosi di buprenorfina+naloxone ricevevano una
valutazione neutra, mentre il placebo era sempre
sgradito. Il naloxone da solo era più sgradito del
placebo.
Risultati simili si ottenevano quando anzichè
valutare il gradimento, veniva valutata la
disponibilità a ri-assumere una seconda dose della
formulazione provata.
Quando veniva valutata la propensione a barattare la dose
endovenosa con danaro o lavoro, la piena e la mezza dose
di sola buprenorfina venivano valutate quanto l'eroina,
la piena dose di buprenorfina+naloxone veniva valutata il
35% di meno della piena dose di sola buprenorfina, e la
mezza dose di buprenorfina+naloxone veniva valutata circa
un terzo della mezza dose di sola buprenorfina.
Quando i risultati venivano stratificati secondo la dose
di fondo assunta, risultavano meno chiari, con forti
differenze, non dose-dipendenti, tra le tre dosi di fondo
scelte.
Nella Discussione, gli Autori rimarcano che l'aggiunta di naloxone non determinava sintomatologia aversiva ma solo una riduzione dell'effetto euforizzante della buprenorfina, e che alle dosi gradite dal paziente, la buprenorfina+naloxone mantiene un potenziale di abuso, per quanto attenuato, e che tale potenziale di abuso è in funzione delle ultime esposizioni del soggetto alle sostanze oppioidi. Inoltre, gli Autori riconoscono che una limitazione dello studio è che è stato effettuato su una popolazione molto piccola e molto selezionata, il che potrebbe spiegare alcuni risultati anomali, come il fatto che i risultati non siano dose-dipendenti in funzione dei tre dosaggi di fondo somministrati.
A mio parere, rimane valido quanto mostrato dagli studi precedenti, e cioè che l'associazione di buprenorfina+naloxone possa essere assunta per via endovenosa e gradita, senza netti miglioramenti rispetto alla sola buprenorfina, ma con una possibile attenuazione degli effetti cercati. Che questa attenuazione valga il maggior costo, i problemi esperiti nel passaggio all'associazione, e l'esposizione ad un'altro principio attivo, è da discutersi.
Aggiornamenti del 14-7-2010
Ulteriori chiarimenti provengono da due nuovi lavori. Il
primo13 dà
informazioni aggiuntive sull'uso iniettivo di
buprenorfina+naloxone in Malesia, integrando un
precedente articolo8 del 2009. Gli Autori,
in particolare, aggiungono i dati qualitativi ricavati da
6 focus group a cui hanno partecipato alcuni dei soggetti
tossicomani del precedente studio. Viene riferito che
inizialmente l'associazione buprenorfina+naloxone non
venne molto usata per via iniettiva perché meno
gradita, meno facile da dissolvere in acqua, meno facile
da acquistare e meno conveniente economicamente. Vengono
poi illustrati i metodi usati per rendere gradevole
l'iniezione endovenosa dell'associazione, e cioè
utilizzarne piccole quantità (che sembrano rendere
prevalente l'effetto euforizzante dell'agonista rispetto
a quello del naloxone), o di associarla ad altre sostanze
come eroina o benzodiazepine. Gli Autori concludono che
il passaggio coatto da sola buprenorfina all'associazione
non ha eliminato il problema dell'uso iniettivo, anche
perché il precedente uso di buprenorfina
"protegge" dall'effetto aversivante del naloxone,
rendendo indisponibili i recettori oppioidi a causa del
tenace legame della buprenorfina.
Il secondo è un interessante studio in doppio cieco e doppio dummy, effettuato dal gruppo della John Hopkins University di Baltimora14. Sono stati selezionati 8 soggetti che facevano uso sporadico di oppiacei, ma non dipendenti da essi; durante un periodo residenziale di varie settimane, sono stati studiati su di essi e confrontati gli effetti soggettivi ed obiettivi di placebo, idromorfone (2 e 4 mg intramuscolo), buprenorfina da sola (4, 8 e 16 mg, sublinguali ed intramuscolo), e buprenorfina+naloxone 4:1 (4, 8 e 16 mg, sublinguali ed intramuscolo). E' stata utilizzata la via intramuscolare anziché endovenosa perché era difficile reperire nei soggetti delle vene superficiali accessibili, e perché gli Autori riferiscono che la cinetica di assorbimento per entrambe le vie parenterali sarebbe simile.
I risultati non mostravano differenze statisticamente significative nel gradimento delle formulazioni in funzione della via di somministrazione. Inoltre, non vi erano differenze significative né di gradimento, né di attività oppioide giudicata dall'osservatore, né nel diametro pupillare, tra iniezioni di buprenorfina e di buprenorfina+naloxone.
A parere dello scrivente, l'esame dei dati riportati, sia tabulati che in forma grafica, rende evidente un effetto particolare, di "curva a campana", negli effetti della buprenorfina+naloxone iniettiva: in particolare, le dosi basse (4 mg bup + 1 mg naloxone) ed alte (16 mg bup + 4 mg naloxone) tendono ad essere più gradite, più attive a giudizio dell'osservatore e determinano maggiore miosi della dose intermedia (8 mg bup + 2 mg naloxone). Gli Autori commentano solo di sfuggita questo effetto, accenando ad una possibile modulazione variabile dell'effetto del naloxone sulla buprenorfina. Anche in termini di cinetica degli effetti, le dosi basse ed alte dell'associazione buprenorfina+naloxone, data per via iniettiva, sono significativamente più gradite a 30-45 minuti dalla somministrazione rispetto alla via sublinguale, mentre questa differenza non si riscontra alla dose media. Questa differenza tra i diversi dosaggi è in accordo con i dati qualitativi del precedente studio Malese, che vedeva i tossicomani preferire l'assunzione iniettiva di dosi piccole di buprenorfina+naloxone.
Quando si confrontano invece gli effetti della sola
buprenorfina, tra la via sublinguale e quella iniettiva,
il maggiore gradimento della via iniettiva si riscontra
solo alla dose bassa e media, mentre alla dose alta la
cinetica degli effetti di gradimento è
sovrapponibile tra le due vie di somministrazione, il
che, a parere dello scrivente, indica che la prescrizione
di dosaggi bassi dell'oppioide potrebbe indurre ad uso
improprio per aumentarne l'azione percepita, e che
l'aumento del dosaggio prescritto potrebbe essere
protettivo rispetto all'uso iniettivo.
Gli Autori concludono che i dati presentati suggeriscono
che l'aggiunta di naloxone nel consueto rapporto 4:1 ed
alle dosi provate può non conferire alcun
beneficio nei confronti di una popolazione che fa abuso
di oppiacei ma non ha sviluppato dipendenza; e che in
questo tipo di popolazione sia la buprenorfina che
l'associazione hanno un certo potenziale di abuso,
più per via iniettiva che sublinguale, e che
l'aggiunta del naloxone ha scarsi effetti nel ridurre
l'abuso della buprenorfina.
Aggiornamento del 10-11-2010
Ho appreso oggi dalla gentilissima collega M.F. che la
Commissione Regionale Farmaco della regione Emilia
Romagna già nel giugno 2009 non accordava
l'inclusione dell'associazione buprenofina+naloxone nel
prontuario terapeutico regionale.15
La documentazione scientifica esaminata arrivava al 2007,
e non venivano presi in considerazione studi
successivi.
La Commissione motivava così il proprio parere
negativo: <<Non esistendo dati attendibili sulla
diffusione del fenomeno "misuso di buprenorfina con
utilizzo improprio per via e.v." in Italia o nella nostra
Regione, il rapporto costo/beneficio non appare ad oggi
tale da raccomandare l'inclusione di
buprenorfina/naloxone nel Prontuario Terapeutico
Regionale.>>.
Aggiornamento del 30-3-2011
Nuovi dati concernenti l'uso di buprenorfina e
buprenorfina+naloxone per via inalatoria
Middleton e collaboratori16 hanno studiato la farmacocinetica e la farmacodinamica della buprenorfina (2 e 8 mg) assunta per via endonasale (sniffo), da sola o in associazione 4:1 con naloxone, in un piccolo gruppo (N=12) di soggetti consumatori voluttuari di oppioidi ma non fisicamente dipendenti da essi.
Già nell'introduzione del lavoro gli autori
ammettono, alla luce di quanto già noto in
Letteratura, che in soggetti senza dipendenza fisica non
risultano chiare differenze tra la buprenorfina e
l'associazione in merito al rischio di abuso, e che
ambedue le formulazioni vengono autosomministrate per via
iniettiva o inalatoria.
Nei risultati si osservavano modiche differenze, che non
raggiungevano la significatività statistica, tra
l'intensità delle sensazioni soggettive di
gradimento sperimentate con buprenorfina 8 mg rispetto
allo stesso dosaggio in associazione con naloxone; la
differenza non c'era con la dose di 2 mg. Un effetto
gradevole significativamente diverso dal placebo iniziava
prima, in termini di tempo, per la sola buprenorfina 8 mg
rispetto all'associazione (20 minuti contro 45 minuti).
Anche il valore monetario attribuito alle compresse di
sola buprenorfina da 8 mg era leggermente superiore
rispetto a quella dell'associazione al medesimo dosaggio,
sempre in maniera statisticamente non significativa.
Un dato molto interessante ricavato dallo studio è
che la massima concentrazione ematica e la
biodisponibilità relativa della buprenorfina per
via inalatoria risultano maggiori di 2-3 volte rispetto
alla via sublinguale, ed inoltre vengono raggiunti prima
i tempo di inizio (15 minuti contro 30-45 minuti) e di
picco (60-75 minuti contro 2-3 ore) degli effetti
soggettivi; anche il picco ematico veniva raggiunto circa
30 minuti prima.
Gli Autori argomentano in discussione come la via inalatoria possa venir preferita dai soggetti che fanno abuso di buprenorfina per ottenere effetti più intensi e rapidi. In merito alle differenze tra buprenorfina da sola o in associazione, ritengono siano poche, e non clinicamente rilevanti in termini di potenziale di abuso, quantomeno nella popolazione presa in considerazione ed ai dosaggi studiati.
L'uso inalatorio della buprenorfina e
dell'associazione buprenorfina+naloxone - inalatorio in
senso ampio, poiché sono state prese in esame sia
la via endonasale che il fumo - è stato
investigato anche da Horyniak e collaboratori17.
Anche qui gli Autori premettono che sia la sola
buprenorfina che l'associazione vengono autosomministrate
per via iniettiva o inalatoria. Il campione che viene
esaminato è basato su uno studio post-marketing
dell'associazione buprenorfina+naloxone, e comprende 440
soggetti tossicodipendenti Australiani, intervistati tra
il marzo ed il giugno 2008. Di questi, 372 avevano usato
in passato buprenorfina, in maniera regolare o
irregolare. Il 18% di essi (N=65) riferivano di aver
fatto uso del farmaco per via inalatoria. Di questi 65
soggetti inalatori, 50 (il 77%) aveva fumato almeno una
volta la buprenorfina da sola, 21 (il 32%) aveva fumato
almeno una volta buprenorfina+naloxone. I valori relativi
allo sniffo erano molto inferiori, 6% per sola
buprenorfina (N=4) e 2% per l'associazione (N=1); i
soggetti che avevano fatto uso inalatorio negavano di
aver anche fumato il farmaco.
In riferimento agli ultimi sei mesi prima
dell'intervista, il 20% dichiarava di avere fumato
buprenorfina da sola, mentre il 47% dichiarava di aver
fumato buprenorfina+naloxone. Nella Discussione, gli
Autori notavano come l'uso inalatorio fosse più
comune nei soggetti che dichiaravano di aver fatto anche
uso iniettivo del farmaco, ipotizzando che si tratti di
una particolare inclinazione alla sperimentazione; lo
scrivente aggiunge l'ulteriore ipotesi che si possa
trattare di una strategia di risposta ad un insufficiente
dosaggio del farmaco per via sublinguale, con ricerca di
un effetto maggiore per vie connotate da maggiore
biodisponibilità.
La percentuale leggermente maggiore di soggetti che hanno
almeno una volta inalato la buprenorfina rispetto
all'associazione viene spiegata dagli Autori dal fatto
che l'associazione è stata introdotta sul mercato
più recentemente rispetto alla buprenorfina da
sola, ed il fatto che l'associazione secondo le norme
prescrittive di alcune parti dell'Australia può
essere prescritta solo ad un sottogruppo di pazienti, e
cioè coloro che sono già stabilizzati con
la sola buprenorfina per almeno tre mesi.
Infine, dal momento che questo studio prende in esame una
campionatura estratta senza alcun bilanciamento
statistico, ma tramite reclutamento con avvisi
pubblicitari nei servizi sanitari solo metropolitani, e
passaparola tra gli utenti, gli Autori ammoniscono a non
generalizzare le proprie conclusioni all'intera
popolazione di riferimento.
Aggiornamento dell'8-6-2011
Il gruppo australiano di Horyniak ha prodotto un altro
studio che amplia la casistica precedentemente riportata,
e basata su interviste a soggetti con dipendenza da
oppiacei.
In questo caso, Larance e collaboratori18
hanno voluto valutare, tra l'altro, il tasso di
diversione e di consumo iniettivo di buprenorfina.
associazione buprenorfina+naloxone e metadone in campioni
di utenti sia in carico che non in carico ai servizi
sanitari per le dipendenze patologiche. Per l'appunto,
sono stati presi in considerazione campioni di
utilizzatori iniettivi di sostanze, non in trattamento,
intervistati tra il 2003 ed il 2009 (N=444) e di soggetti
in trattamento nei servizi delle città più
importanti, intervistati nel 2008 (N=430).
Nel gruppo di soggetti iniettori, le principali
variabili di esito prese in considerazione erano la
prevalenza e la frequenza del comportamento iniettivo. I
tassi di utilizzo iniettivo venivano corretti in
proporzione ai volumi di vendita di ciascun farmaco (dati
del produttore), e quindi espressi in termini di numero
di utenti che mostravano un certo comportamento, diviso
per il numero totale di utenti, diviso a sua volta per un
termine proporzionale alla quantità di farmaco
venduto; ciò allo scopo di correggere i dati
rispetto alla disponibilità di farmaco, che anno
per anno poteva variare.
Sul campione complessivo di soggetti che riportavano un
regolare uso iniettivo di sostanze (indipendentemente se
in carico ad un servizio sanitario o no), risulta dalle
interviste un tasso di uso iniettivo, almeno una volta nei
sei mesi precedenti l'intervista, del 4% per la
buprenorfina, e di circa l'1% per metadone o per
l'associazione buprenorfina+naloxone. Una percentuale
inferiore riportava di aver fatto uso iniettivo almeno
settimanale: dell'1.2% per la sola buprenorfina, e dello
0.5% per l'associazione o per il metadone.
Tra coloro che facevano uso iniettivo dell'associazione
buprenorfina+naloxone, circa la metà (il 48%)
dichiarava di non aver mai sperimentato alcun effetto
aversivo. Mentre nel 2007 il valore commerciale sul
mercato grigio delle compresse di associazione
buprenorfina+naloxone risultava inferiore a quello delle
compresse di sola buprenorfina, la differenza di prezzo
scompariva nel 2008 e nel 2009, e le due formulazioni
venivano valutate praticamente allo stesso prezzo.
Per il gruppo di soggetti in carico ai servizi
sanitari è stato valutato il tasso di diversione
dei farmaci dispensati per somministrazione a vista o
domiciliare. Gli Autori premettono che le pratiche di
dispensazione riscontrate prevedevano una maggiore
frequenza di prescrizione di terapia domiciliare per il
metadone, mentre la buprenorfina o l'associazione
venivano più spesso somministrate a vista o con
periodi più brevi di cessione per uso
domiciliare.
Il 23% dei soggetti in terapia riportava, entro i
precedenti 6 mesi, di aver nascosto almeno una dose di
farmaco per portarla via anziché assumerla a
vista; il 22% di aver fatto almeno una volta uso
iniettivo del farmaco dispensatogli (28% per la sola
buprenorfina, 13% per l'associazione
buprenorfina+naloxone, 23% per il metadone). L'uso
iniettivo frequente (settimanale o più) era
statisticamente equivalente per i tre gruppi (gli Autori
riferiscono valori del 5-12% senza dettagliare per quale
formulazione). Dopo la correzione in funzione dei volumi
venduti di ciascun farmaco, vengono riportati tassi
iniettivi del 10% per la buprenorfina da sola e del 5%
per l'associazione o per il metadone.
Le motivazioni espresse per l'uso iniettivo comprendono
principalmente la preferenza specifica (agofilia) e la
difficoltà a smettere di usare questa via. Il
gradimento dell'associazione usata per via iniettiva (62%
la gradivano) era inferiore a quello espresso per la sola
buprenorfina o il metadone (82-83%). Comunque, una uguale
percentuale di soggetti per tutti e tre i farmaci
riportava essere assolutamente improbabile che li
avrebbero nuovamente usato per via iniettiva, suggerendo
che la decisione di continuare l'uso iniettivo non
dipenderebbe soltanto dall'eventuale gradimento degli effetti.
Nell'ambito della discussione gli Autori riportano
come le motivazioni dell'uso iniettivo risultino in
questo studio più autoterapeutiche che edoniche,
ed ammettono quanto già noto e cioé che non
vi è impedimento all'uso iniettivo
dell'associazione buprenorfina+naloxone in chi fa uso di
oppioidi senza esserne tollerante, in chi è
tollerante agli oppioidi ma si trova in condizioni di
grave astinenza, ed in chi fa già uso regolarmente
di buprenorfina; rimarcano inoltre che l'associazione
risulta utilizzata per via endovenosa ed assume un valore
commerciale sul mercato grigio analogo alla sola
buprenorfina.
Viene inoltre riferito che "visto che può non
esservi alcun impedimento all'uso iniettivo
dell'associazione nei soggetti in mantenimento con essa o
con la sola buprenorfina, il fatto che lo studio trovi un
tasso di uso iniettivo inferiore per chi è in cura
con l'associazione va interpretato con cautela. La paura
concernente i possibili effetti del naloxone nei soggetti
dipendenti da oppioidi potrebbe essere la causa del minor
uso iniettivo. E' essenziale una comunicazione aperta con
gli utenti su tutti gli aspetti dell'uso di droghe e
sulle terapie. Se gli effetti del naloxone vengono
esagerati, i pazienti potranno perdere fiducia nelle
informazioni loro fornite, o diventare meno inclini a
parlare apertamente del loro uso di droghe, ed in
particolare delle pratiche più pericolose come
quelle iniettive. Uno studio sui prescrittori australiani
mostrava che gli episodi di diversione o uso iniettivo
dei farmaci venivano visti come occasioni per un migliore
coinvolgimento del paziente, spingendo alla discussione
e/o alla rivalutazione del dosaggio del farmaco o della
disponibilità di supporto psicosociale.":
conclusioni assolutamente condivisibili ed in linea con
tutto quanto sopra riportato.
Aggiornamento del 20-9-2012
Di tanto in tanto capita di trovare un'anima gemella :-)
Il dottor Andrew Byrne, clinico delle tossicodipendenze in Australia,
esprime pareri sul Suboxone (e sulla sua nuova formulazione in film
solubile) pareri praticamente identici ai miei.
L'articolo in merito, sul suo blog, è in http://methadone-research.blogspot.it/2011/09/launch-of-suboxone-film-sydney-olympic.html
Traduco qui alcuni dei passaggi che mi sembrano più interessanti:
"Personalmente io non prescrivo mai buprenorfina in combinazione [con naloxone] [...] Ho parlato prima con il Dott. Alex Wodak che mi ha rassicurato sul fatto che anche lui ed i suoi colleghi del St. Vincent Hospital oggi come oggi preferiscono prescrivere buprenorfina senza naloxone, per gli stessi motivi: mancanza di prove convincenti di equivalenza, sicurezza ed efficacia. Il mio consiglio a medici e farmacisti è di pretendere questo tipo di prove prima di prescrivere qualunque farmaco nuovo."
"Anche se uno volesse ammettere che il naloxone diminuisca in parte la diversione, òa sostanza pura è sicuramente quella da preferirsi in gravidanza - e probabilmente anche nelle donne che potrebbero rimanere incinte - ed anche nella fase induzione di pazienti nuovi alla buprenorfina. La buprenorfina pura è quella che è stata usata negli studi controllati che hanno supportato il trattamento con questo farmaco nella dipendenza da oppiacei. Ed è anche la buprenorfina pura ad essere usata in Francia dove è iniziato il trattamento di massa nel 1995. Non ci sono veri e propri cambiamenti volti ad usare la combinazione, per quanto ne sappia, in Francia, nonostante essa sia registrata in tutta Europa. Ci si chiede a questo punto cosa è che i Francesi sanno che noi non sappiamo? (O la cosiddetta 'saturazione del mercato' risolve molti dei problemi che invece ci sono altrove?)"
"Le prove che supportano una riduzione della diversione con la combinazione
in compresse o film sono comunque scarse ed a parer mio mancano di rigore
scientifico. I rapporti di diffuso uso iniettivo della combinazione sono
numerosi e risalgono a 20 anni fa (‘The misuse of buprenorphine and a buprenorphine-naloxone
combination in Wellington, New Zealand’). Se pure esiste un disincentivo ad
iniettare la combinazione, esso è modesto e può valere poco più di quello esercitato
dalla buprenorfina pura nei soggetti che fanno uso di eroina, morfina o metadone,
a causa della sua ben nota capacità di precipitare una sindrome astinenziale
estremamente spiacevole. D'altro canto, vi è scarso o nullo effetto
aversivo in coloro che già assumono buprenorfina o in soggetti che non hanno
tolleranza agli oppiacei, così che chi appartiene a questi gruppi può
iniettarsi ciascuna delle due preparazioni impunemente. Posspno appartenere
a questi gruppi anche alcuni pazienti allocati in strutture riabilitative o nelle carceri,
ed anche soggetti che non hanno mai assunto oppiacei. Inoltre, le evidenze
disponibili mostrano che l'effetto deterrente in soggetti che fanno attivamente
uso di oppiacei può essere associato a pratiche iniettive meno sicure (‘Lack of Reduction in Buprenorphine
Injection After Introduction of Co-Formulated Buprenorphine/Naloxone
to the Malaysian Market’).
Aggiornamento del 27-3-2013
Se ne sono accorti anche in Finlandia. L'abstract di questo lavoro inizia in
maniera lapidaria: "In spite of the benefits of buprenorphine-naloxone co-formulation (BNX)
in opioid maintenance treatment, the naloxone component has not prevented
parenteral use of BNX."19
Cioé "Nonostante i benefici della associazione buprenorfina-naloxone
(BNX) nel trattamento di mantenimento della [dipendenza da] oppioidi, la componente
di naloxone non ne ha prevenuto l'uso parenterale."
Aggiornamento del 13-11-2016
Dopo più di tre anni, una notizia merita l'aggiornamento di questa pagina.
Nel corso del convegno nazionale SITD (Roma, 10-12 novembre 2016), il dott. Fabio Lugoboni, responsabile
dell'U.O. Medicina delle Dipendenze dell'azienda ospedaliera integrata di Verona, ha presentato i dati
preliminari dello studio Minosse, che sulla base di un numero molto ampio di questionari (dovrebbero essere, se ho
colto bene dalla presentazione orale, 2461 questionari da 34 servizi) investigava l'uso improprio endovenoso di metadone,
buprenorfina e buprenorfina-naloxone, in confronto con le benzodiazepine.
I risultati presentati indicavano che:
1
Tossicodipendenza: oggi più facile la terapia a
domicilio
http://replay.waybackmachine.org/20090305115303/http://www.schering-plough.it/itstories/story$num=57&sec=1
2 Comer SD, Collins ED. Self-administration of
intravenous buprenorphine and the
buprenorphine/naloxone combination by recently
detoxified heroin abusers. J Pharmacol Exp Ther. 2002
Nov;303(2):695-703.
http://dx.doi.org/10.1124/jpet.102.038141
3 Harris DS, Jones RT, Welm S, Upton RA, Lin E,
Mendelson J. Buprenorphine and naloxone
co-administration in opiate-dependent patients
stabilized on sublingual buprenorphine. Drug Alcohol
Depend. 2000 Dec 22;61(1):85-94.
http://dx.doi.org/10.1016/S0376-8716(00)00126-5
4
[No Authors listed]. Clinical
guidelines for the use of buprenorphine in the
treatment of opioid addiction . U.S. Department of
health and human services, Substance Abuse and Mental
Health Services Administration Center for Substance
Abuse Treatment (2004)
http://buprenorphine.samhsa.gov/Bup_Guidelines.pdf
5 Robinson GM, Dukes PD, Robinson BJ, Cooke RR,
Mahoney GN. The misuse of buprenorphine and a
buprenorphine-naloxone combination in Wellington, New
Zealand. Drug Alcohol Depend. 1993 Jun;33(1):81-6.
http://dx.doi.org/10.1016/0376-8716(93)90036-P
6 Alho H, Sinclair D, Vuori E, Holopainen A.
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http://dx.doi.org/10.1016/j.drugalcdep.2006.09.012
7 Simojoki K, Vorma H, Alho H. A retrospective
evaluation of patients switched from buprenorphine
(Subutex) to the buprenorphine/naloxone combination
(Suboxone). Subst Abuse Treat Prev Policy. 2008 Jun
17;3:16.
http://dx.doi.org/doi:10.1186/1747-597X-3-16
8 Bruce RD, Govindasamy S, Sylla L, Kamarulzaman
A, Altice FL. Lack of reduction in buprenorphine
injection after introduction of co-formulated
buprenorphine/naloxone to the Malaysian market. Am J
Drug Alcohol Abuse. 2009;35(2):68-72.
http://dx.doi.org/10.1080/00952990802585406
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new combination. Opiate dependence: no proof of reduced
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